Mostra fotografica di Eda Urbani

Mostra fotografica di Eda Urbani

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Scuola Romana di Fotografia e Cinema
via degli Ausoni 7/A
00185, Roma

INAUGURAZIONE 9 GIUGNO 2009

Il Novecento è una miniera di preziosissime indicazioni per chi vuole esplorare il domani della fotografia. Non è un gioco di parole: abbiamo spesso ripetuto – appresso ai più blasonati maestri che l’hanno detto prima di noi – che per conoscere il futuro occorre possedere saldamente il passato. Presentare la fotografia di una straordinaria e misconosciuta autrice come Eda Urbani serve proprio a questo. Non solo a mettere in luce una professionista e un’autrice ignorata qui da noi ma ben valorizzata negli Stati Uniti – cosa che, ahimé, accade sistematicamente – ma anche a presentare il profilo di una donna fotografa che nel cuore di un’Italia reazionaria, patriarcale e totalitaria, produsse immagini fresche, vive, valide e forti; perfettamente comparabili con le prove di tanta fotografia internazionale. Ci piace l’idea che la fotografia sia il contesto operativo e creativo che nel XX secolo ha offerto realmente pari opportunità a uomini e donne rispetto a qualunque altro. La Scuola Romana di Fotografia è perciò fiera di presentare oggi questa piccola retrospettiva della Urbani, fotografa di Livorno (naturalizzata torinese), perché i nostri ragazzi, e tutti i pubblici coinvolti nella fotografia ad ogni livello, possano finalmente riscoprirne il talento. E nell’esporla, mentre i più sapranno aggiungerla al proprio personale portfolio di conoscenze storiche, siamo anche certi di indicare la strada di un impegno delle donne di fotografia ancor più massiccio e determinante per il secolo che si apre.

Angelo Caligaris
Presidente Scuola Romana di Fotografia e Cinema

Eda Urbani

Il nome di Eda Urbani non suona familiare, non rimanda a luoghi comuni del sapere. Potrebbe essere una delle tante autrici di una fotografia amatoriale e reclusiva, adatta al ruolo che la donna ha avuto in un’Italia destinata a giungere al suffragio universale solo nel 1946. Ed invece l’abbiamo vista emergere come un’ombra netta ed elegante, benché vagamente sfuggente, in occasione della mostra a lei dedicata dall’Associazione per la Fotografia Storica a Torino nell’Ottobre scorso, in occasione del centenario dalla nascita. E con quanta meraviglia abbiamo scoperto il profilo di un’autrice fotografica di spiccata personalità, una donna piena di gusto e di coraggio, un’intraprendente e vivacissima protagonista degli anni Trenta e poi del delicatissimo periodo che attraverserà la guerra e solo poi porterà al boom economico e alla ricostruzione. Una donna solida e capace, quindi, il cui fascino umano e le cui capacità imprenditoriali permisero di sopravvivere a tensioni storiche e private. Autrice di una fotografia di taglio sapiente ma mai rigido; estranea solo all’ambito strettamente artistico e capace della più perfetta pratica professionale, la Urbani fu in possesso di uno stile sapientemente anti-tragico capace di togliere ogni eccesso di artefazione alle sue foto.
Non sono perciò tanto le sue manierate ma aggiornatissime foto di moda anni Quaranta a sorprendere l’osservatore contemporaneo, quanto le immagini singole o le serie di documentazione del lavoro, tutte databili alla metà degli anni Trenta. La fotografa vi impiega con estrema moderazione le soluzioni della Nuova Visione associando loro dei controluce nei paesaggi, o della freschissima naturalezza nei ritratti totalmente privi della retorica di regime. Nei reportage che documentano il lavoro – dai mercati rionali agli istituti di bellezza, passando per la giornata di un taxi – infatti la Urbani brilla per una smania di vividezza, e per l’imprevedibile assenza di ogni impostazione stentorea dell’immaginario.
Negli occhi della fotografa livornese il popolo è Gente e non Massa; il lavoro è vita e non finta “nobilitazione dell’uomo”, come nello stesso momento recitavano i cancelli di Auschwitz.
Vi sono, insomma, dei tratti nello stile della Urbani che sembrano apparentarla più alla maniera delle successive inchieste umaniste di Life che a certa vacua propaganda dell’Istituto Luce.
Sorprende perciò che un personaggio del genere, vulcanico e forte, abbia potuto rimanere sotto le ceneri della storia; ma non sorprende affatto che, una volta riscoperta, la Urbani sia rimasta impressa con tanta naturalezza nelle menti del pubblico non meno che in quelle degli affascinati ricercatori storici della sua opera. La sua riscoperta equivale alla riappropriazione di un mondo di immagini conservato intatto, proprio perché sostanzialmente ignorato fino ad oggi. In un secolo che ha visto le donne emergere come uno dei fatti nuovi della storia, insomma, Eda Urbani va ad occupare un posto vacante da tempo: quello della cronista, della professionista e dell’autrice fotografica italiana di carattere. Una donna e una fotografa contemporaneamente al passo e in anticipo sui tempi.

Augusto Pieroni
Docente Arti Visive
Scuola Romana di Fotografia e Cinema